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Percezione dello scorrere del tempo su internet: quanto tempo trascorriamo sul web

Scorrere del tempo su internet
Contenuto curato da Anna Fata

Perché sottostimiamo il tempo trascorso di fronte allo schermo

di Anna Fata

Internet, il Web, i Social Network ormai non sono più una novità, ma costituiscono strumenti, abitudini, consuetudini che ormai sono a tutti gli effetti parte integrante della nostra vita quotidiana e in ampia parte anche del lavoro.

Per certi versi non facciamo più caso a quanto tempo trascorriamo di fronte agli schermi, del personal computer, del notebook, del tablet, dello smartphone, dello smartwatch. Iniziamo fin dal mattino, al risveglio, e continuiamo pressoché imperterriti per il resto della giornata fino al momento di coricarci. In molti casi ci risvegliamo persino di notte per dare un’occhiata all’ultima notifica di turno.

In genere non siamo pienamente consapevoli di quante ore e minuti, nel complesso, trascorriamo di fronte a questi dispositivi e restiamo stupefatti quando qualche applicazione installata sui nostri dispositivi ci rivela, in realtà, la portata del nostro impegno quotidiano.

Quanto tempo trascorriamo in Internet

Secondo una ricerca condotta da Andrews e Colleghi si calcola che la sottostima del tempo trascorso online si aggiri intorno al 20%. Se consideriamo che mediamente trascorriamo oltre 5 ore al giorno di fronte agli schermi, questo significa che noi crediamo di passarci circa 4 ore e mezzo.

Inoltre, si tende a credere che quotidianamente si guardi lo smartphone circa 37 volte, mentre in verità nell’arco di una giornata lo si consulta per ben 87 volte.

Questo significa che esistono delle dinamiche e dei processi neurologici, biochimici e psicologici che ci inducono nell’errore di sottostimare il tempo trascorso connessi a Internet. Tali meccanismi sembrano essere in grado di disattivare il nostro orologio biologico interno. Questo ha delle ripercussioni anche sulla nostra nostra salute fisica e mentale.

Perché sottostiamo il tempo passato online

Pare che la tendenza a sottostimare la quantità di tempo passata online sia legata all’ormone dopamina, che è legato al circuito responsabile della motivazione e degli incentivi. Nel concreto, quando il suo livello si eleva noi abbiamo la sensazione che qualcosa di buono stia arrivando, per questo la desideriamo.

Nonostante il ruolo importante della dopamina nel determinare l’impatto che le tecnologie hanno su di noi, essa non spiega perché siamo inclini a smarrire la percezione del tempo online.

Si ipotizza che quando ci si diverte, come a volte può accadere quando si è in Internet, si ha la percezione che il tempo stia volando. Nel Web vi è una ampia ricchezza di stimoli, novità, luci, colori, che possono contribuire ad amplificare questa percezione e a fungere da rinforzo.

Resta da capire, però, se l’ampiezza del rinforzo positivo sulla percezione della fugacità del tempo sia dovuta alla dopamina oppure alle endorfine, che sono sostanze neurochimiche al desiderio, la prima, e al piacere, le seconde.

a. Ci piace o ne abbiamo desiderio e bisogno?

Se si suppone un maggiore ruolo della dopamina ne consegue che la ridotta percezione del tempo sia dovuta al fatto che le persone vogliano o sentano il bisogno di stare di fronte agli schemi. Se, invece, si attribuisce una funzione preponderante alle endorfine l’impegnarsi a lungo davanti agli schermi e il non avvertire il tempo trascorso al loro cospetto accade perché alle persone questo piace molto.

In pratica i dubbi riguardano se stiamo tanto nel Web per sue caratteristiche intrinseche, che in casi estremi può suscitare dipendenza, per sfuggire ai problemi della vita quotidiana, per la gratificazione che questi ambienti inducono, per il desiderio e il bisogno che suscitano o semplicemente perché ci piacciono?

Le ultime ricerche condotte da Romano e Colleghi sembrano propendere per l’ipotesi secondo la quale stazioniamo tanto di fronte agli schermi senza avvertire il tempo che se ne va per le caratteristiche intrinseche del mondo digitale, ricco di novità e stimoli, che ci spingono ad avvertire il desiderio e il bisogno di queste situazioni, con il coinvolgimento biochimico di alte dosi di dopamina.

b. L’inerzia cognitiva

E’ anche possibile che online si verifichi un fenomeno chiamato “inerzia cognitiva”: esattamente come quando ci risvegliamo e ci diventa difficile quantificare il tempo speso dormendo perché siamo confusi, lo stesso pare accadere quando riemergiamo da una sessione online.

Questo fenomeno sembra essere da imputare ad un eccesso di dopamina che unitamente al tempo investito online ci rende confusi, smarriti e in difficoltà a ritornare nel mondo offline.

c. I comportamenti schizotipici

I comportamenti sono costituiti da una serie di fattori comportamentali e cognitivi che definiscono delle caratteristiche di personalità di rilevanza clinica. Essi si correlano al sovra utilizzo delle tecnologie e alla scarsa capacità di stimare il tempo trascorso online.

Pare che la regione cerebrale implicata nella secrezione anomala di dopamina, che determina le suddette reazioni cognitive e comportamentali, sia il corpo striato.

Perché vogliamo stare online

Alla luce di tali premesse si può affermare che la maggiore o minore accuratezza di percezione e valutazione temporale è correlata alla dopamina. Un suo eccesso sembra poter rallentare l’orologio biologico interno creando la sensazione che stia passando o sia trascorso meno tempo di quello che invece accade in realtà e inducendo così una sottostima del tempo collegati a Internet.

Poiché la dopamina è coinvolta anche nei meccanismi di incentivazione questo ci induce a volere (che non necessariamente coincide col piacere) stare online. Questa spiegazione è compatibile più con una dinamica di fuga dalla realtà che alla reazione ad un incentivo.

Quanto siamo consapevoli del problema

E’ necessario, però, sottolineare alcuni fattori cognitivi, emotivi e comportamentali e meno biochimici che talvolta ci portano coscientemente a non essere sinceri con noi stessi e con gli altri.

Secondo Phil Reed, docente presso la Swansea University, a volte, per motivi di immagine, di apparenza, di identità, tendiamo a non rispondere in modo sincero e onesto alle domande che ci vengono poste, ivi comprese quelle che riguardano il tempo trascorso online.

Questo dipende molto anche da chi pone le domande, dalle risposte che sentiamo che la persona crediamo si aspetti, dalla buona impressione che in genere desideriamo creiamo.

Oggi si sa che trascorrere molto tempo di fronte agli schermi può comportare problemi di salute fisica e psichica, anche se la conoscenza di molti aspetti di tali fenomeni è ancora da approfondire. Questo è dovuto al fatto che molte percezioni sono soggettive e difficili da quantificare e alla accuratezza non sempre eccellente con cui le persone riferiscono dettagli che magari sono importanti ai fini delle ricerche e della definizione del fenomeno.

Si suppone che si sia orientati verso un disturbo nuovo, non del tutto sovrapponibile ad altri già conosciuti e codificati, in cui il misuso o l’abuso degli schermi e delle nuove tecnologie sembra capace di innescare meccanismi biochimici, cognitivi e comportamentali capaci di creare nuovi bisogni e desideri, non sempre del tutto consapevoli, che possono nuocere alla salute fisica e psichica. In questo senso la cautela è d’obbligo.

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