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Corporate entrepreneurship: come rendere una azienda più competitiva

Corporate entrepreneurship
Contenuto curato da Massimo Chioni

Per favorire l’ingresso in nuovi mercati o per agevolare il lancio di nuovi servizi o prodotti, il ricorso alla corporate entrepreneurship rappresenta una delle soluzioni più efficaci: si tratta di un modello di open innovation basato sulle competenze di carattere imprenditoriale dei lavoratori. La corporate entrepreneurship può essere considerata come un’alleata per l’innovazione e il cambiamento in un’impresa: vale la pena di sapere in che modo è possibile attuarla, visto che la trasformazione digitale ormai inevitabile che contraddistingue il settore delle imprese guida le aziende in direzione di modelli di gestione dell’innovazione inediti.

La strada verso l’innovazione

L’iter che conduce all’innovazione non è scontato e neppure semplice: per raggiungere tale obiettivo, infatti, c’è bisogno di iniziare da un cambiamento culturale, che tuttavia può essere ostacolato da una grande varietà di fattori. Per esempio, l’innovazione può essere inibita e pregiudicata dai modelli tradizionali; oppure può succedere che il cambiamento che essa comporta e apporta non venga capito da tutti. La risposta a tali difficoltà consiste nel diffondere dentro l’impresa, e a tutti i livelli della stessa, degli approcci imprenditoriali. Tale traguardo può essere raggiunto con un intervento sugli stili di leadership o in virtù di programmi di scouting; è importante anche la collaborazione con le startup, e più in generale con le altre realtà, che possono essere fonte di ispirazione e fare da incubatori per idee innovative.

Che cos’è la corporate entrepreneurship

Una definizione unanime di corporate entrepreneurship per il momento non è stata ancora trovata e identificata. Tuttavia, se si fa riferimento a ciò che si può intuire dalla letteratura accademica in corso, questo processo consiste nell’impegno verso la diversificazione da parte delle imprese. Si tratta di un iter che può prendere forma in modalità differenti: per esempio attraverso il venturing, e cioè con l’entrata in nuovi business; oppure attraverso la rivitalizzazione o il rinnovo delle attività aziendali approfittando delle capacità esistenti, ma utilizzate in modo nuovo, o con il ricorso a capacità nuove. In sintesi, l’innovazione corrisponde alla creazione e all’adozione di sistemi organizzativi, processi e prodotti nuovi.

Il valore dei dipendenti

Il concetto di corporate entrepreneurship si basa sulla convinzione che all’interno di un’impresa consolidata il processo di innovazione può essere reso più rapido grazie ai dipendenti, che costituiscono un asset chiave da questo punto di vista. Ecco, quindi, che ci si ritrova alle prese con un approccio che punta sulle competenze imprenditoriali dei lavoratori. I dipendenti diventano degli intrapreneur: dietro questo gioco di parole si nasconde la constatazione di come essi siano equiparabili a imprenditori che operano in un’organizzazione aziendale. Gli obiettivi da conseguire possono essere diversi: il lancio di un nuovo servizio o di un nuovo prodotto, l’ingresso in un nuovo mercato, l’apertura di uno spin-off vero e proprio. Chi lavora all’interno di un’azienda deve essere sostenuto nel coltivare il proprio spirito imprenditoriale: è così che i dipendenti diventano disponibili a portare avanti nuovi progetti, magari in collaborazione con le altre figure che compongono l’ecosistema di cui fanno parte.

Quali sono gli strumenti per un programma di corporate entrepreneurship

Sono tante le aziende che ricorrono alle call for ideas per provare a far emergere e a riconoscere le personalità imprenditoriali che ne fanno parte; altri strumenti utili a questo scopo sono, poi, le piattaforme di idea management e i contest interni. I lavoratori devono essere messi nelle condizioni di poter sviluppare idee innovative; devono, cioè, accedere a quelle risorse – sia di carattere economico che in termini di tempo – che permettano loro di cimentarsi in questo compito. Solo in questo modo i dipendenti possono essere responsabilizzati e diventano capaci di innovare in maniera indipendente.

La gestione dell’innovazione digitale

Non si può nascondere la complessità del processo di gestione dell’innovazione digitale: in molti casi, per altro, l’ostacolo più complicato a cui si deve far fronte è rappresentato proprio dalla cultura aziendale. Uno studio condotto dalla School of Management del Politecnico di Milano attraverso l’Osservatorio Startup Intelligence e l’Osservatorio Digital Transformation Academy rivela che, in più della metà dei casi, per le imprese la sfida di carattere organizzativo più importante consiste nello sviluppo di meccanismi di coordinamento, di ruoli e di strutture che prevedano il coinvolgimento delle varie direzioni. Il 44% delle aziende che fanno parte del campione, invece, pone l’accento sul bisogno di trovare competenze digitali, di valutarle e di svilupparle. Infine, nel 41% dei casi si sottolinea l’importanza di definire modalità di collaborazione inedite con le università, i centri di ricerca e le startup, cioè i nuovi partner che si vanno ad affiancare ai fornitori tradizionali.

Come promuovere l’attitudine imprenditoriale

Le aziende sono alla ricerca di modelli organizzativi che prevedano processi strutturati e ruoli ben definiti. Per quel che riguarda le imprese con più di 250 dipendenti, per esempio, in un terzo dei casi ciascun progetto di innovazione viene attribuito a un team dedicato; nel 26% delle circostanze, invece, i progetti di innovazione sono gestiti con attività non strutturate e in maniera occasionale. Non solo: il 36% delle imprese dispone di una direzione innovazione o comunque si affida a una figura dedicata, mentre in 4 casi su 100 è prevista addirittura la presenza di un comitato innovazione interfunzionale.

Le azioni intraprese dalle aziende.

6 aziende su 10 hanno intrapreso delle iniziative che hanno lo scopo di promuovere l’attitudine imprenditoriale al proprio interno: nel 39% dei casi si tratta, per esempio, di sensibilizzare i dirigenti nei confronti di stili di leadership che siano volti ad accettare gli errori e i rischi, mentre il 35% delle imprese punta sulla formazione dedicata al design thinking o ad altri temi di frontiera. Trovano spazio anche i percorsi di formazione che sono utili per favorire l’innovazione tra i lavoratori, le collaborazioni con le startup e il coinvolgimento dei dipendenti attraverso l’organizzazione di hackathon o contest. Va detto, comunque, che c’è anche un14% di imprese che dichiara di non essere interessato a iniziative di questo tipo, a fronte di un 26% di aziende che, invece, pur non avendo ancora avviato programmi simili li stanno mettendo in cantiere.

Un cambiamento culturale

Dal quadro che è stato tratteggiato fino a questo momento si può facilmente intuire come e quanto occorra, prima di tutto, un cambiamento culturale per innovare in azienda: insomma, l’applicazione di strumenti e di processi di per sé non può essere sufficiente. Uno dei principali problemi con cui i dirigenti devono fare i conti, in effetti, consiste nella necessità di operare in funzione di un mindset nuovo, tale da superare i confini aziendali tipi. Le nuove forme di collaborazione che vengono attuate devono essere rispettose delle caratteristiche di tutti gli attori chiamati in causa, oltre che virtuose.

La situazione in Italia

Anche nel nostro Paese quello della corporate entrepreneurship è un argomento ampiamente dibattuto. L’interesse al momento si concentra proprio sui dipendenti, nella convinzione che a volte in un’azienda si possa celare un potenziale imprenditore che non è ancora riuscito a emergere a causa dei modelli di governance e organizzativi tradizionali. Secondo una ricerca dell’Osservatorio Startup Intelligence che ha analizzato un campione di quasi 300 imprese nostrane, in più della metà dei casi sono già state intraprese delle azioni finalizzate a promuovere l’attitudine imprenditoriale. Ciò costituisce un sintomo della necessità di giungere a un cambiamento forte nella cultura aziendale: una ricerca spesso urgente e in alcuni casi non consapevole.

La formazione

La formazione è l’azione più praticata: si verifica in 4 casi su 10 e ha il pregio di poter essere implementata senza troppe difficoltà anche quando si ha a che fare con popolazioni di collaboratori molto ampie. Generali Italia, per esempio, ha usufruito dei Tam Tam Talk, allo scopo di assicurare a tutti i dipendenti una formazione aperta su ispirazione dei Ted Talks. In quasi il 30% dei casi, poi, si opta per le community e per gli innovation lab interni: sono attività il cui scopo è quello di favorire nelle organizzazioni la collaborazione e la motivazione dei dipendenti, che vengono spinti a dare vita a progetti innovativi e a svilupparli, ma anche a condividere idee e conoscenze. Gli Hackathon e i contest interni, invece, vengono adottati solo nel 14% dei casi: essi sono comunque utili per incentivare i dipendenti a fornire suggerimenti e a illustrare le proprie idee. Il tutto avviene nell’ambito di competizioni grazie alle quali, poi, le idee migliori possano essere davvero sviluppate.

Le attività sul campo

Nel 7% dei casi è stata menzionata la mentorship di startup dei dipendenti: si tratta di consentire ai lavoratori di entrare a contatto diretto con le startup, realtà innovative per eccellenza, così che possa essere favorita la nascita di una cultura imprenditoriale. Ci sono, poi, imprese che addirittura sostengono i propri collaboratori nell’avvio di startup: una pratica che è stata adottata in 4 casi su 100. È evidente che un’azione di questo tipo prevede un impegno economico non indifferente e si rivela molto onerosa in termini di dispendio di risorse; tuttavia ne derivano occasioni di business concrete, senza sottovalutare il fatto che i dipendenti si possono sentire molto più coinvolti e altamente motivati.

Corporate entrepreneurship: formazione

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