Nel settore del marketing, l'utilizzo dei big data è in grado di fare la differenza e di offrire un evidente vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza. Il motivo è presto detto: tutte le informazioni che generiamo su Internet e sui social network, in modo più o meno consapevole, non raccontano solo chi siamo, ma anche che cosa ci piace, quali posti frequentiamo, che cosa ci potrebbe piacere e quali posti potremmo frequentare. Non è difficile intuire che un bagaglio di dati di questo tipo è decisamente prezioso per i soggetti che hanno la capacità di raccoglierli e di gestirli a dovere, ovviamente nei confini della liceità e della legalità.
Un abbinamento perfetto
L'abbinamento tra il marketing e i big data è perfetto, una sorta di matrimonio destinato a durare molto a lungo. Da un lato c'è un settore - quello del marketing, appunto - il cui compito è quello di capire il mercato e di fare in modo che le aziende riescano a raggiungere un numero di clienti sempre più elevato, per fidelizzarli e per aumentare le vendite; dall'altro lato ci sono elementi - i big data - che grazie all’interpretazione dei Data Scientist permettono di scoprire il comportamento e le attitudini di ogni singolo utente in modo dettagliato. Insomma, qualunque elemento costitutivo del mercato può essere conosciuto in profondità, a prescindere dalla sua entità: si può trattare di un'azienda a cui vendere un servizio, del potenziale cliente di un negozio di abbigliamento, del visitatore di un museo, dell'avventore di un ristorante, e così via.
Una rivoluzione
Si può sostenere senza timore di essere smentiti che il marketing sia stato rivoluzionato dall'avvento dei big data. Ma perché questi dati sono definiti "big"? Essi non sono solo delle informazioni, ma coinvolgono anche le tecnologie che vengono utilizzate per raccogliere e immagazzinare le informazioni stesse; e, inoltre, gli algoritmi a cui si ricorre per interpretare i dati, per raffinarli e per trarne delle indicazioni che possano essere sfruttare in modo pratico e concreto.
Perché oggi?
Ci si potrebbe chiedere, a questo punto, perché i big data siano diventati così importanti proprio oggi e non in passato. Non si tratta di un'evoluzione delle tecnologie, ma di un'evoluzione del nostro modo di comportarci. In altri termini, siamo noi che siamo cambiati, e che adesso con Internet e i social facciamo sapere tutto a tutti. Siamo diventati localizzabili e, probabilmente senza che nemmeno ce ne rendiamo conto, produciamo una quantità davvero elevata di dati, tra pc, tablet e smartphone. Questo vuol dire che siamo sempre monitorabili: senza lasciarsi andare a complottismi ridicoli, significa che in qualunque momento della nostra esistenza possiamo essere studiati. E non si può dimenticare la domotica: ormai anche gli elettrodomestici sono connessi - tra loro e con noi -, così che perfino un frigorifero è in grado di raccogliere e di produrre informazioni che ci riguardano.
C'erano una volta i sondaggi
La rivoluzione dal punto di vista del marketing è evidente: un tempo per conoscere i gusti e le abitudini dei potenziali clienti c'era bisogno di interviste e sondaggi, vale a dire strumenti che comportavano una serie di limiti, prima tra tutti la possibilità di mentire senza essere scoperti. Senza dimenticare che il campione su cui si poteva contare era comunque circoscritto. Oggi, invece, tutti i dati sono liberi, forniti direttamente da noi: lo facciamo quando paghiamo i vestiti con la carta di credito, quando usiamo la tessera fedeltà del supermercato, quando pubblichiamo su Facebook la nostra foto in un locale, quando cerchiamo un ristorante su Google, e così via. I big data non fanno altro che raccogliere queste informazioni, usate dal marketing.