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Comic Sans, amore e odio per uno dei font più utilizzati di sempre

Comic Sans
Contenuto curato da Massimo Chioni

La storia del carattere tipografico Comics Sans è fatto di alti e bassi, di amore e odio sfociato addirittura in una battaglia mediatica per abolirlo. Per fortuna, grazie all'autoironia del creatore, la battaglia nei suoi confronti si è ridimensionata fino a farlo diventare il protagonista indiscusso di meme e battute di spirito.

Come nasce Comic Sans

Questo font nasce dall'ispirazione del graphic designer Vincent Connare che, all’età di soli 34 anni, nel 1994 era stato incaricato da, nientedimeno che, la Microsoft di rendere user friendly l’interfaccia grafica di un nuovo software, il Microsoft Bob.

Vincent, studiò a fondo la grafica del software e si convinse che il problema principale era il font: il Times New Romans, usato per far parlare un cane, che era la guida inserita dai programmatori per istruire gli utenti sull’uso corretto del software.

Secondo Vincent, un cane che parla in Times New Roman non è credibile. Questo font sarebbe troppo freddo ed impersonale per uscire dalla bocca di un cane e in generale rispetto allo stile comunicativo del resto del software.

Cercò a lungo una soluzione per rendere il cane-fumetto più credibile. In quei giorni sulla sua scrivania campeggiavano una copia di Batman: il ritorno del cavaliere oscuro e una di Watchmen. Ed è proprio così che gli venne in mente che forse il font più adatto era proprio quello usato dai fumetti.

Ispirandosi ai suoi fumetti preferiti diede vita a un font imperfetto che riproducesse la scrittura altrettanto imperfetta dell'essere umano: Comic Sans.

Sfortunatamente, alla Microsoft non piacque l'idea perché creava problemi tecnici collegati alle dimensioni del font. Decise quindi di commercializzare il software nella sua versione originale, con il Times New Roman: fu un flop. Non è dato sapere se il flop sia da attribuire al solo font o, se nemmeno il Comic Sans avrebbe potuto salvarlo dall’oblio.

Nonostante questo, il Comics Sans piacque e venne usato successivamente dall'azienda. Per la prima volta in Microsoft 3D Movie Maker (un software per creare film animati amatoriali) ed ebbe un successo enorme, tanto da decidere di inserirlo come font nel sistema operativo Windows 95.

A questo punto gli utenti, oltre a vederlo, avevano la possibilità di usarlo liberamente per i loro scopi personali.

Questa scelta della Microsoft fu l'inizio della vera storia del Comic Sans.

L'amore per Comic Sans

in breve tempo gli utenti si lasciano trasportare da una specie di febbre scaturita da questo font con una vera e propria pandemia di Comic Sans, una diffusione mai conosciuta da altri caratteri tipografici prima di lui.

Tutti iniziano ad usarlo per qualsiasi scopo, anche dove sarebbe stato meglio usarne altri, come lapidi, tatuaggi, ambulanze e siti per adulti. Tutto questo in Comic Sans: il carattere nato per far parlare un fumetto a forma di cane.

Presto ci si accorge che per quanto il carattere sia bello e imperfetto, forse, non è il caso di usarlo proprio per qualsiasi cosa. Tanto che nel 2000 le persone iniziano ad averne abbastanza di vederlo ovunque.

Quindi dopo circa 6 anni dalla sua nascita, dopo una crescita esponenziale di amore nei suoi confronti inizia una fase di declino, quasi di odio (ironicamente parlando).

L'odio per Comic Sans

Dal 2000 inizia una vera e propria battaglia mediatica (ironica) nei confronti di questo carattere tipografico. Alla testa del gruppo i coniugi grafici di Indianapolis Holly e David Combs.

I Combs sostenevano che:

“Quando si disegna un cartello Vietato l’ingresso, è consigliabile l’uso di un font dai tratti marcati, capaci di attirare l’attenzione, come l’Impact o l’Arial Black. Comporre un messaggio di questo genere in Comic Sans sarebbe ridicolo […] come presentarsi a un ricevimento elegante con un costume da clown”.

Tantissimi gli esperti del settore (e non) ad essere d’accordo con loro, tanto che i due creano un sito, bancomicsans.com, che diviene popolare in pochissimo tempo. Tramite il sito vengono diffusi su larga scala oggetti di merchandising come adesivi, magliette e tazze con su scritto Ban Comic Sans, conoscendo in breve un successo inaspettato.

Addirittura, grazie all’attenzione attirata su questo (finto) problema dell’abuso di Comic Sans, anche il Wall Street Journal e Design Week pubblicano un articolo in prima pagina sul Comic Sans.

Fortunatamente, il padre del font è una persona dotata di notevole autoironia e riconosce l'uso improprio che viene fatto in quegli anni della sua idea, rispondendo:

"Se lo ami, non sai molto di tipografia, ma anche se lo odi non sai davvero molto di tipografia, e dovresti trovarti un altro hobby".

Aggiunge anche che la sua idea era quella di utilizzare il Comic Sans solo nei software pensati per essere fruiti dai bambini o in altri contesti informali.

Si può dire che, prima l'amore e poi l'odio per il Comic Sans abbiano creato una attenzione intorno a questo semplice carattere tipografico senza precedenti, rendendolo famoso ed immortale.

Comic Sans oggi

L'odio per Comic Sans si trasforma così in una serie infinita di battute ironiche e meme che non smettono di riprodursi e diffondersi sul web anche ora, dopo quasi 30 anni dalla sua creazione. Basta cercare su un qualsiasi motore di ricerca Comic Sans per capire la portata di questo fenomeno.

La verità è che, al di là delle preferenze di ognuno, il Comic Sans è un carattere tipografico e come tale dovrebbe essere usato. Non si può parlare di estetica, essendo il font una questione di grafica e di design, non deve essere scelto perché bello o scartato perché brutto ma inserito laddove è utile e contestualizzato rispetto allo scopo finale del progetto.

Ci sono contesti in cui il Comic Sans è meglio di qualsiasi altro come i biglietti di auguri e gli inviti alle feste dei bambini. Inoltre, di recente si è scoperto che questo font è il migliore da usare per i testi dedicati a chi soffre di dislessia. Infatti, a differenza di tutti gli altri font, l'imperfezione delle sue lettere, aiuta chi soffre di questo disturbo a distinguere quelle lettere che ai loro occhi sembrano uguali: p/q, n/u, b/d.