Innovazione

Obsolescenza programmata: il diritto alla riparazione degli elettrodomestici e la sostenibilità ambientale

Diritto alla riparazione
Contenuto curato da Massimo Chioni

Quando si è alle prese con un elettrodomestico rotto, la prima tentazione è quello di gettarlo tra i rifiuti e di comprare un modello nuovo. Si tratterebbe, però, di un comportamento sbagliato, e non solo dal punto di vista della sostenibilità ambientale: grazie al fai da te, infatti, una riparazione di un frigo, di uno smartphone o di un qualsiasi dispositivo elettronico si rivela conveniente anche a livello economico. L’importante è sapere dove trovare i ricambi e poter usufruire di una guida per la sostituzione.

Disincentivare allo spreco

Il diritto alla riparazione merita di essere affermato con vigore e messo in evidenza con forza. Esso costituisce un vero risparmio per chi ne beneficia, e al tempo stesso si può tradurre in una attività economica proficua. È importante, inoltre, disincentivare lo spreco: invitare a riparare invece che comprare prodotti nuovi non scoraggia il consumo. Chiunque deve essere libero di acquistare tutti gli elettrodomestici che desidera, ma al contempo chiunque deve avere l’opportunità di sostituire i propri prodotti in presenza di una tangibile innovazione o di una necessità concreta.

Cos'è l'obsolescenza programmata

Con il termine "obsolescenza programmata" si indica quella strategia che i costruttori mettono in atto per limitare il ciclo di vita di un prodotto. Alcuni componenti possono avere una durata media limitata, ad esempio l'iPod di Apple aveva batterie della durata media di 18 mesi e Apple non vendeva batterie di ricambio. Un prodotto può essere percepito obsoleto per le innovazioni sulle versioni successive che spesso vengono veicolate con la pubblicità: maggiori funzioni, più moderno, più bello, indispensabile.

Obsolescenza programmata

La normativa contro l'obsolescenza programmata

La Comunità Europea ha decretato che a partire dal 2021 tutte le aziende produttrici di elettrodomestici saranno obbligate ad assicurare ai propri clienti la disponibilità di pezzi di ricambio, per un periodo di tempo che andrà da un minimo di 7 anni a un massimo di 10, in funzione del tipo di prodotto. Le case costruttrici saranno motivate a puntare sulla ricerca e a spingere sul pedale dell’innovazione, in modo da riuscire a lanciare sul mercato articoli che i consumatori possano considerare davvero nuovi e che si rivelino molto più appetibili ai loro occhi. Il concetto di sostenibilità si lega a quello di risparmio energetico: il risultato è un livello di inquinamento più basso, a vantaggio di tutti.

Che cosa potrebbe cambiare

Il cambiamento che si prospetta in seguito all’entrata in vigore di questa novità è evidente anche sul piano economico. I tecnici di Bruxelles, infatti, hanno messo in luce il risparmio minimo di cui si potrà usufruire in virtù dell’introduzione nei Paesi della Ue di queste nuove regole: ebbene, si dovrebbe trattare di almeno 150 euro a persona all’anno.

Il diritto alla riparazione e la lotta all’obsolescenza programmata

Ormai è noto come il fenomeno dell’obsolescenza programmata rappresenti quasi un invito allo spreco. Il fatto che gli apparecchi elettronici e i dispositivi elettrici abbiano una durata sempre inferiore a mano a mano che la tecnologia evolve è a tutti gli effetti un paradosso: il progresso dovrebbe rendere questi prodotti più longevi, ma nella realtà dei fatti così non è. Ecco, quindi, che ogni volta che un elettrodomestico si rompe la reazione pavloviana è quello di comprarne uno nuovo, pagandolo a rate o in contanti: l’importante è che si torni a consumare. Ma ha senso spendere i soldi in questo modo?

Quanto durano gli elettrodomestici moderni

Sulle lavastoviglie e sulle lavatrici che sono state gettate nei centri per la raccolta differenziata sono state condotte ricerche che hanno permesso di scoprire che in più di un caso su dieci gli apparecchi buttati non avevano più di cinque anni di vita alle spalle. Eppure un tempo le lavatrici duravano molto di più, addirittura decenni. Nel periodo di tempo compreso tra il 2004 e il 2012, inoltre, è salito dal 3.5 per cento all’8.3 per cento il numero di elettrodomestici che hanno subìto un guasto entro i primi 5 anni dalla data in cui erano stati comprati. Come è evidente, gli sprechi vanno via via sommandosi: a essere danneggiati sono l’ambiente e la qualità dell’aria compromessa dalle emissioni di gas serra, ma soprattutto le tasche dei cittadini.

Come difendere il diritto alla riparazione di un elettrodomestico

Non è solo nelle stanze del potere o nelle aule parlamentari che è possibile difendere e affermare il diritto alla riparazione. La pressione delle lobby, d’altro canto, è una realtà che deve per forza essere presa in considerazione: una pressione legittima, sia chiara, ma che può comunque essere combattuta. Il diritto alla riparazione coinvolge tutti i consumatori, nessuno escluso: non ha senso che una lavatrice smetta di funzionare dopo pochi anni, ma soprattutto non ha senso che in una eventualità del genere il prodotto venga destinato ai rifiuti invece di essere riparato.

Che cosa si può fare

La politica, certo, ha un ruolo di primo piano nella lotta all'obsolescenza programmata e allo spreco. In Svezia, per esempio, è stata approvata una legge molto interessante che prevede l’adozione di incentivi fiscali a favore delle riparazioni. Anche quella delle riparazioni, infatti, è un’attività economica: anzi, una vera e propria industria, che fa crescere il mercato e che produce posti di lavoro, visto il numero elevato di soggetti coinvolti in questa filiera. Andando al di là dell’oceano, invece, si scopre che negli Usa alcuni Stati sono in procinto di approvare o hanno già approvato leggi con misure quasi draconiane per coloro che tentano di mettere in vendita prodotti che, una volta guasti, non potranno più essere riparati. Tali norme proibiscono, per esempio, la vendita di elettrodomestici di cui non esistono pezzi di ricambio o privi delle istruzioni necessarie per una eventuale riparazione.

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