Innovazione

Open Innovation: cos’è e come applicarla in azienda

Open Innovation
Contenuto curato da Massimo Chioni

Oggi accantoniamo le tematiche di marketing per affrontare un argomento relativo all'innovazione: parliamo di Open Innovation.

Il concetto di Open Innovation ormai fa parte della quotidianità di molte imprese, ma a ben vedere la sua introduzione è piuttosto recente: in letteratura, infatti, è apparso per la prima volta agli inizi degli anni Duemila. Ma di che cosa si tratta? In sintesi, esso corrisponde a un modello di produzione dell’innovazione in virtù del quale le aziende hanno l’opportunità, e al tempo stesso l’onere, di utilizzare tanto fonti interne quanto fonti esterne per stimolare la nascita di idee innovative.

Come è cambiato il concetto di innovazione

Al giorno d’oggi siamo abituati a pensare all’innovazione come a una realtà che deriva dalla contaminazione delle idee, dalle relazioni orizzontali e dei network di aziende: ebbene, in passato non era così. Negli anni Trenta del secolo scorso, per esempio, Il celebre economista Joseph Schumpeter individuava nell’innovazione la prima introduzione di un prodotto, di un sistema o di un procedimento nuovi nel sistema sociale ed economico, frutto di un atto imprenditoriale di carattere lineare. In pratica, secondo la visione di Schumpeter l’innovazione consisteva in un percorso lineare che prendeva le mosse da una semplice idea per convertirsi in un’applicazione commerciale. Tuttavia, è evidente che nel contesto odierno i modelli di innovazione di questo tipo, e cioè di natura sequenziale, non si adattano più ai fenomeni innovativi, caratterizzati da un notevole grado di complessità, che contraddistinguono lo scenario sociale ed economico.

L’innovazione tra passato e presente

Gli ultimi modelli di innovazione prendono spunto dalla constatazione che non è in una singola impresa che si possono trovare tutte le competenze che servono per dare vita a innovazioni di successo; al contrario è molto importante valorizzare le collaborazioni e fare in modo che i confini aziendali si aprano tramite la nascita e la proliferazione di relazioni con i vari stakeholder. La comparsa della globalizzazione ha trasformato i processi innovativi: se fino agli anni Ottanta essi erano compresi in circuiti controllati e chiusi, il mercato del lavoro in evoluzione e sempre più all’insegna della mobilità ha ribaltato la prospettiva. E così, nel giro di pochi decenni si è passato da un approccio per il quale le attività di ricerca e sviluppo dovevano rimanere protette entro i confini del perimetro aziendale a un modello organizzativo in cui sono le alleanze strategiche e le relazioni di filiera la chiave di volta per il successo. Non è più tempo di segreti industriali, di brevetti o di altri meccanismi di protezione: ora, con i costi di sviluppo dei prodotti nuovi che sono sempre più elevati, spiccano modelli di business inediti che non possono prescindere dall’intrecciarsi di competenze e conoscenze differenti. A questo scenario contribuisce anche il ciclo di vita dei prodotti, che è sempre più breve: un altro dei fattori che contribuiscono a impedire che i talenti e le conoscenze possano essere trattenuti in una sola azienda.

Gli strumenti dell’Open Innovation

Sono numerosi gli strumenti che possono essere utilizzati a supporto dell’Open Innovation. Essi si possono focalizzare non solo sulle prime fasi del processo, ma anche su quelle seguenti: nel primo caso si fa riferimento alla generazione delle idee e alla loro valutazione, mentre nel secondo caso si parla di implementazione e lancio sul mercato. Tutto dipende dai flussi di conoscenza che vengono attivati, e che devono essere analizzati per capire la differenza tra inbound Open Innovation e outbound Open Innovation.

L’approccio inbound

Il partner scouting è uno dei più comuni strumenti che vengono adoperati nel momento in cui si adotta un approccio inbound. Si tratta, in sostanza, di fare affidamento su fonti esterne per produrre innovazione entro i confini aziendali. È il caso anche delle call for idea, vale a dire i concorsi pubblici che hanno lo scopo di raccogliere idee necessarie per la risoluzione di problemi concreti. Non vanno dimenticati, poi, gli investimenti del corporate venture capital, destinati a piccole e medie imprese e a startup, in cambio di quote di capitale di rischio. L’approccio inbound comprende anche le collaborazioni con i centri di ricerca e le università, la nascita di incubatori, la creazione di acceleratori aziendali e le competizioni hackathon, che chiamano in causa gli sviluppatori che potrebbero avere le competenze necessarie per migliorare il business aziendale.

L’approccio outbound

La vendita di brevetti e la creazione di spin-off aziendali, invece, sono due dei fattori a cui si può ricorrere nel caso in cui si opti per un approccio outbound, che prevede di esternalizzare le innovazioni che vengono prodotte dentro l’impresa. Pur essendo meno diffuso rispetto alla soluzione inbound, anche questo metodo si articola in varie risorse: per esempio il licensing dei prodotti, che comporta la cessione ad altri in modo che i beni possano essere impiegati per ricavare dei benefici. Le soluzioni più comuni, però, sono le joint venture, cioè accordi di carattere commerciale tra varie imprese che condividono le risorse per raggiungere un certo obiettivo, avendo in comune i profitti ma anche gli eventuali rischi.

L’Open Innovation secondo Henry Chesbrough

Henry Chesbrough ha individuato nel 2003 un modello di generazione dell’innovazione che si focalizza sulla trasformazione degli approcci vecchi in direzione di paradigmi nuovi: è il passaggio, appunto, dalla Closed Innovation alla Open Innovation. In virtù di questa transizione, le grandi multinazionali ma anche le aziende di dimensioni più piccole sono spinte a ricercare l’innovazione al di là dei propri confini: le idee esterne non solo sono accettabili, ma sono addirittura necessarie per produrre innovazione. Le idee nuove non possono provenire solo dalle competenze e dalle conoscenze interne: l’innovazione aperta richiede dei flussi bidirezionali.

La contaminazione è la chiave del successo

La contaminazione diventa, così, il concetto chiave a cui affidarsi: da questa contaminazione traggono vantaggi il mercato e tutte le imprese. Mentre il modello di business tradizionale si fa da parte, devono contaminarsi le risorse aziendali, le competenze e le idee. I progetti di ricerca possono, per esempio, essere generati all’esterno di un contesto aziendale ed essere inglobati in un momento successivo o, al contrario, nascere entro i confini di un’impresa prima di maturare al di fuori di essa. Il caso più tipico è quello di un’azienda che, per questioni di costi, decide di non sviluppare le tecnologie di cui ha bisogno al proprio interno ma di acquisirle da fuori.  

Start the Future: dalla contaminazione delle idee al covid-19, un esempio virtuoso di Open Innovation in Italia

Un esempio di applicazione di successo del modello dell’Open Innovation può essere individuato in Start the Future, organizzato dal WMF – Festival sull’Innovazione Digitale.

Start the future è un evento internazionale online previsto per il prossimo 7 aprile 2020, concepito per rispondere alle esigenze e alle necessità che la sfida del Covid-19 ha generato. La data scelta non è casuale, visto che si tratta della Giornata Mondiale della Salute: l’evento si propone di sfruttare l’innovazione digitale e tecnologica per connettere i vari protagonisti dell’ecosistema, allo scopo di identificare soluzioni che possano essere di sostegno per gli enti governativi, per i singoli cittadini, per le strutture sanitarie, per le scuole e per le imprese che in questi drammatici giorni si trovano a dover fare i conti con una situazione di emergenza. Start the Future è un evento aperto a tutti e con partecipazione gratuita: nel corso dell’appuntamento saranno proposte numerose testimonianze, ma verranno presentati anche servizi, prodotti e progetti innovativi destinati a fornire un sostegno prezioso per far fronte agli importanti cambiamenti che il mondo sta attraversando a causa del Coronavirus.

Ricordiamo che il Web Marketing Festival è l’evento italiano di formazioni più importante in ambito marketing e digital, l’edizione 2020 si terrà a Rimini il 4/5/6 Giugno 2020.

Lascia un commento